Borges

J. L. Borges

 borges

Alcuni anni fa, venne a Roma Jorge Luis Borges per ritirare il Premio E. Balzan. La cerimonia si tenne presso l’Istituto di Cultura Italo-Latinoamericana il giorno 6 di marzo del 1981, e riuscii ad assistervi.

Borges era già un mito, e per me in maniera particolare. Volevo quindi conservare qualcosa, un segno, di quell’incontro.

L’occasione si presentò al termine della premiazione.

Come a volte succede alla fine di una cerimonia, di uno spettacolo, l’atmosfera nella grande sala parve sciogliersi improvvisamente. Tutti sembravano solo desiderosi di andar via.

Incredibile a dirsi, nessuno badava più al grande scrittore.

Lui, cieco e già molto avanti con gli anni, sostenuto dalla giovane donna dai tratti orientali che poi sarebbe diventata sua moglie, stava avviandosi verso l’uscita, quando lo avvicinai.

Scambiammo alcune parole in francese. Gli chiesi un autografo, lui acconsentì, deliziosamente cortese, e vergò la sua firma con mano leggera. Non avevo mai visto un cieco scrivere, per cui guardai affascinata quell’operazione meravigliosa. Fu così breve il tempo che ci impiegò e così piccola la firma, che gliene chiesi subito un’altra. Pentendomi subito dell’assurda richiesta. E Borges, invece, con un sorriso (e in quell’istante avrei giurato che erano vere le voci e dicerie che giravano su di lui a proposito della sua cecità, e cioè che fosse, almeno in parte, una finzione perfettamente in stile con la sua opera) Borges fece il bis, e firmò per me per la seconda volta. Poi…

“…simile a un attore che indossi una tunica grigia invece dell’abito di scena, di soppiatto se ne andò…” Plutarco, Vita di Demetrio.

(Questa breve citazione si trova in testa a una bella poesia di Costantino Kavafis, “Re Demetrio.)

Oggi quindi posseggo ben due firme di Jorge Luis Borges, una delle quali molto scolorita dal tempo, perché rimasta incorniciata e appesa alla parete del mio studio per tanti anni ad affrontare il sole, e l’altra, per fortuna meglio conservata, che posso offrirvi.